Per capire l’eccezionalità di Giovanna d’Arco è necessario cercare di comprendere la situazione della Francia in quel lontano inizio di XV secolo, in piena guerra dei cent’anni. Conoscere le condizioni geo-politiche del tempo, come pure quelle socio-economiche, ci permette di apprezzare di più, di meravigliarci ancor di più della grandezza di quella fragile fanciulla chiamata Giovanna, e meravigliarci ancora una volta dell’attualità del suo esempio per tutti noi. Lo studio del passato, in questo caso la vita di una santa, vergine, guerriera, definita da Tommaso Palamidessi “vera amazzone del Graal”, non deve essere fine a se stesso, al contrario dovrebbe condurci, come tanti piccoli “guerrieri del terzo millennio”, a ripercorrere il cammino di fede e trasmutazione interiore guidati dal suo fulgido esempio. Altrimenti resta sì una cosa importante, ma esteriore, di accrescimento del bagaglio culturale, quando invece dovrebbe incidere profondamente nelle scelte della nostra vita quotidiana di uomini e di donne.
La situazione politica al tempo di Giovanna era veramente assurda: Carlo VII era chiamato “il Re di Bourges” quasi a sottolineare la sua pochezza, un piccolo regno senza la sua naturale capitale, Parigi, solidamente in mano agli inglesi. Fu addirittura diseredato dal padre, Carlo VI, quasi completamente impazzito ci dicono gli storici, a favore del genero Enrico V d’Inghilterra che aveva sposato Caterina di Francia, sua figlia e quindi sorella di Carlo VII.
Il Delfino, cioè l’erede al trono di Francia, o di quel che ne restava, visto che il paese era dilaniato da una guerra iniziata nel 1337… dicevamo, il Delfino rifiutò di riconoscere valido ciò che era stato stabilito nel trattato di Troyes. Quindi alla morte di Carlo VI e di Enrico V, avvenuta nello stesso anno, 1422, a pochi mesi di distanza, la situazione del conflitto vedeva in campo dalla parte dell’Inghilterra Enrico VI appena nato e già nominato re di Francia e d’Inghilterra, in fasce, e dalla parte francese il giovane Carlo VII, quel re di Bourges rimasto con poco e niente.
La situazione era ulteriormente complicata dalla presenza di una terza forza crescente, quella del Ducato di Borgogna, “i borgognoni” guidati da Filippo III che in questa fase del conflitto appoggiava per convenienza gli inglesi.
Non andava meglio dal punto di vista sociale ed economico. 90 anni di guerra avevano ridotto sul lastrico un po’ tutti. La peste falciava vittime, le carestie, la pressione fiscale esercitata sul popolo per finanziare gli eserciti, tutto insomma contribuiva a ridurre la gente a condizioni di vita insopportabili.
Gli storici concordano ne ritenere che in quegli anni, 1420-1430, la Francia si trovò nella peggiore situazione dai tempi di Clodoveo e non ne vivrà un’altra così tremenda fino all’occupazione nazista.
Se poi pensiamo solo un attimo cosa sarebbe potuto accadere a livello “religioso”, in un momento in cui la Chiesa soffriva profondamente del suo stesso scisma, a causa di papi e antipapi, se gli inglesi avessero definitivamente “anglicizzato” la più cattolica delle nazioni occidentali, da sempre baluardo della cristianità, sia verso il mondo musulmano, sia verso i politeisti popoli del Nord… si capisce come risuonassero veritiere le parole di Isaia: “il popolo che camminava nelle tenebre vide una gran luce”: quella luce, nel 1412, fu Giovanna d’Arco.
Su di lei sono stati scritti libri e libri, tomi e tomi, film e commedie, ha ispirato poeti, scultori, artisti d’ogni genere, perfino ordini religiosi. Ha suscitato dibattiti e polemiche tra chi la considerava un bluff, chi una sprovveduta visionaria manovrata dai furbi politici del tempo, chi invece la riteneva una eroina, simbolo stesso della libertà francese.
La Chiesa prima gettò su di lei l’onta della scomunica, consegnandola al rogo dei suoi carnefici, poi l’ha riabilitata, e nel XX secolo beatificata.
Giovanna d’Arco indubbiamente è stata un personaggio con delle caratteristiche eccezionali. Alcuni dicono che la sua storia ha dell’inverosimile, è illogica. Forse hanno ragione. La Francia cattolica è in crisi tremenda? Ci si aspetta un aiuto divino? come fu per gli ebrei esuli e prigionieri. Ecco, lo spirito di Dio scende su Giovanna, una ragazzina nata in un paesino di campagna, che non sa leggere, non sa scrivere, non sa cavalcare, non sa com’è il mondo… è tutto un “non sa” … Ma riceve una missione: andare a 600 km di distanza, in territorio nemico, incontrare il re, farsi assegnare il comando del suo esercito, andare ad Orleans e liberarla prima che crolli completamente in mano agli inglesi, dopo mesi di assedio.
Poi accompagnare il re a Reims, sempre in territorio nemico, e consacrarlo “Re di Francia”. Così la guerra sarà finita e vinta, e gli invasori se ne torneranno al loro paese al di là della Manica.
Non è logico. Una missione del genere affidata ad una ragazzina, non è affatto logico.
Una ragazzina di 13 anni che per giunta sente delle voci, è convinta che le sia apparso l’Arcangelo Michele, “Monsignor Arcangelo” come lei familiarmente lo chiama, e le abbia detto cosa dovrà fare. A niente valsero le torture subite, le accuse, le ingiurie: anche durante il processo, sotto giuramento, resistendo abilmente alle trappole dei suoi accusatori, fior di teologi, risponde sempre con fermezza e sicurezza: le voci e le apparizioni erano dell’Arcangelo Michele, e poi anche di alcune sante. Non è logico.
Al processo gli accusatori dicono che simili voci sono solo opera del diavolo, e lei risponde che il diavolo non può dare ordini buoni, mentre l’inviato di Dio sì. Quell’Arcangelo Michele la cui effige ornava la bandiera di Carlo VII con il motto “Saint Michel est mon seul defenseur“.
Giovanna durante tutto l’estenuante processo dimostra una grande sapienza, che turba i giudici e quanti assistevano all’interrogatorio. Come può una pulzella, una contadina ignorante, tenere testa a tanti dottori della legge? Fronteggiare arguti argomentatori e teologi? Non è logico.
Ma ahimè Giovanna non fu ascoltata. Fu bruciata, arsa viva. Alcuni storici del tempo riferiscono strane testimonianze, soldati inglesi che rimuovendo le ossa e le ceneri dal rogo, trovarono un cuore intatto e palpitante, non bruciato dal fuoco terreno. Illogico. Una leggenda, una superstizione? Forse sì, o forse no.
Alessandro Boncompagni (autore di una conferenza da cui ho tratto questo articolo) porterà in scena la sua commedia “Giovanna d’Arco: il processo, le armi, la vita” domenica 29 maggio, al teatro di Monte San Savino in provincia di Arezzo. Una commedia originale che merita davvero d’esser vista. Lo so, è presto per prenotarsi, ma ho pensato che fosse un ottimo argomento per festeggiare noi donne, oggi che è l’8 marzo.