“È uno degli ultimi racconti di Pirandello rimasto incompleto, pare, dove si mette in campo il tema della morte, della vita nell’aldilà, dell’assistenza delle anime dei defunti e degli angeli, in particolare dell’Angelo Centuno, a capo di 100 anime del purgatorio.
E lo storno? Che bisogno aveva Pirandello di citare gli storni?
Nel racconto si trovano a confronto un gruppo di uomini, dei signorotti diciamo, cacciatori novelli, non molto esperti, di ritorno da una mancata caccia agli storni, ed un gruppo di donne, popolane e religiose, che li accudiscono amorevolmente, com’era consuetudine fare nella Sicilia pirandelliana.
Da una parte i signori discutono sulla caccia mettendo in evidenza che è quasi impossibile non prendere uno storno, “si prendono anche ad occhi chiusi”; dall’altra parte alle donne, in particolare a donna Gesa, è affidato il racconto del miracolo dell’Angelo Centuno, apparso a Maria Grazia Aiello (per tutti Poponé) insieme a cento anime del purgatorio, che le annuncia la sua imminente morte.
Ne segue un’accesa discussione: e che miracolo è questo? Si può chiamare miracolo? Si può credere che un Angelo sia apparso ad una donna, o sarà stata un’allucinazione? Don Celestino, il prete, si schiera a favore di chi ha fede. Nel bel mezzo della discussione, torna un cacciatore esclamando: “Ho preso uno storno!”.
Tutti rimangono basiti e quasi più sorpresi della cattura di un uccello che del racconto del miracolo.
Il vero confronto non è solo tra uomini e donne, ma tra due tipi di mentalità: quella materialista, propria degli intellettuali, degli scienziati, e quella semplice ma piena di fede della cosiddetta povera gente, entrambe però non pronte ad affrontare in modo serio tematiche riguardanti la sfera spirituale, di cui Pirandello invece era molto esperto.
Forse Pirandello si chiedeva: come si può parlare di certi temi all’umanità?
E da genio quale era Pirandello, ci regala attraverso uno spaccato della società siciliana un racconto pieno di sottile umorismo, in cui diventano protagonisti due miracoli. Il primo, quello più evidente perché narrato, è il miracolo di una visione avuta da una donna con il dono della veggenza e devota all’Angelo Centuno che, nella visione appunto, le predice la sua imminente morte. Ma gli uomini subito si precipitano a denigrare il miracolo, sebbene ammettano che la gente che ha fede vede nella morte come un giusto premio.
Vi è un secondo miracolo, a parer mio, meno palese e al contempo assurdo; è il miracolo dell’uccisione di uno storno: uno dei cacciatori è riuscito ad uccidere uno storno! Il racconto termina proprio con l’entrata in scena di uno dei cacciatori che esclama: “Ho ucciso uno storno!”. Sì, un solo storno, sebbene gli storni si possano colpire con il fucile anche ad occhi chiusi per quanti ne volano in cielo, diventa agli occhi degli altri un miracolo.
Pensate, fa più scalpore questo fatto dello storno che non il racconto della visione dell’Angelo e della sua profezia, che poi si realizza.
Caro Pirandello, non è facile parlare di certi temi a chi non ha orecchie per intendere e tu lo sapevi molto bene.”
Potrete vedere Elena Meacci nel ruolo di Poponè al saggio teatrale del 3 ottobre, in scena al Teatro Bolognini di Pistoia.
http://www.vivastreet.it/serate/pistoia/pirandello-con-e-senza-maschera/154299110